Un fenomeno cresciuto in modo esponenziale dalle chiusure delle scuole in periodo pandemico.
Sono 68 le famiglie riminesi che hanno chiesto di poter assolvere gli obblighi scolastici dei propri figli attraverso l’educazione parentale nel corso dell’anno scolastico 2023/2024. Di queste, 42 sono alle scuole primarie, 16 alle secondarie di primo grado, 10 alle secondarie di secondo grado.
L’anno scorso, in termini assoluti, erano 49, due anni fa 58.
Si tratta di numeri altalenanti che, seppur relativo a livello assoluto, manifestano un fenomeno che è cresciuto in modo esponenziale dalle chiusure delle scuole in periodo pandemico.
Educazione parentale o Homeschooling, di cosa si tratta?
Secondo quanto riporta direttamente il Ministero dell’Istruzione e del merito, “la scuola è aperta a tutti: lo dice espressamente l’articolo 34 della Costituzione.
Un’alternativa alla frequenza delle aule scolastiche è rappresentata infatti dall’istruzione parentale conosciuta anche come scuola familiare, paterna o indicata con i termini anglosassoni quali: homeschooling o home education. Tutte queste espressioni indicano la scelta della famiglia di provvedere direttamente all’educazione dei figli. I genitori qualora decidano di avvalersi dell’istruzione parentale devono rilasciare al dirigente scolastico della scuola più vicina un’apposita dichiarazione, da rinnovare anno per anno, circa il possesso della capacità tecnica o economica per provvedere all’insegnamento parentale. Il dirigente scolastico ha il dovere di accertarne la fondatezza. A garanzia dell’assolvimento del dovere all’istruzione, il minore è tenuto a sostenere un esame di idoneità all’anno scolastico successivo. Più recentemente è stato stabilito che in caso di istruzione parentale, i genitori dello studente, ovvero coloro che esercitano la responsabilità genitoriale, sono tenuti a presentare annualmente la comunicazione preventiva al dirigente scolastico del territorio di residenza. Questi studenti sostengono annualmente l’esame di idoneità per il passaggio alla classe successiva in qualità di candidati esterni presso una scuola statale o paritaria, fino all’assolvimento dell’obbligo di istruzione. La scuola che riceve la domanda di istruzione parentale è tenuta a vigilare sull’adempimento dell’obbligo scolastico dell’alunno.
“Si tratta di numeri – spiega Chiara Bellini, vicesindaca con delega alle politiche educative del Comune di Rimini – che dopo la pandemia sono aumentati in maniera sostanziale, pur rimanendo in una nicchia. L’andamento ad elastico degli ultimi tre anni manifesta comunque una tendenza che, al netto di alti e bassi, indica un interesse delle famiglie a questa possibilità, che prima della pandemia era ferma a non più di dieci casi. Si tratta di una scelta legittima, regolamentata e prevista dalla legge, garantita a Rimini così come su tutto il territorio nazionale. Come amministrazione però ribadiamo con forza il ruolo della scuola pubblica. Per quetso stiamo lavorando da tempo, con le scuole e le famiglie, anche attraverso il Settembre pedagogico, intorno al concetto più ampio di educazione. Trovo infatti che rimettere al centro la funzione non solo strettamente didattica, ma anche educativa, culturale e sociale della scuola, sia una sfida aperta a tutta la città. In un periodo in cui tra gli adolescenti – lo vediamo nel nostro Centro per le famiglie, ma anche dagli input dei professionisti - spiccano disagi legati alla difficoltà di aprirsi all’esterno, quando addirittura al chiudersi nella propria stanza, trovo infatti che la scuola pubblica possa e debba continuare ad essere sempre più un riferimento forte per le famiglie, non solo per l’istruzione, ma anche per la crescita umana delle giovani e dei giovani studenti”.