Ridisegnare il modello sanitario con investimenti maggiori e più determinati sul ruolo della medicina territoriale e a domicilio.
“Li abbiamo chiamati eroi, li abbiamo chiamati angeli con il camice, abbiamo ripetuto fino allo sfinimento che come Paese saremmo potuti ripartire solo facendo della sanità il baluardo dell’agenda politica. Grazie, grazie, grazie medici, infermieri, oss. E ora, tutto dimenticato, caduto nell’oblio? Se è vero, come spesso si ripete, forse anche retoricamente, che all’Italia manca la memoria storica, qui si tratta di memoria a breve, brevissimo termine. Tutto cambia perché nulla cambi, è la storica frase pronunciata da Tancredi nel Gattopardo. E così è anche nei discorsi, nella sanità. Perché di fatto da quando è apparso il Covid nelle nostre vite troppe cose sono rimaste così com’erano. Lacci e laccetti burocratici, carico eccessivo di lavoro, mancati rimborsi economici, da aggiungersi a un deficit di personale sul territorio. Ed è per questo che oggi, 16 novembre, i medici hanno deciso di prendere parte a una mobilitazione generale come segno di protesta per le mancate risposte a una categoria sempre più sovraccaricata a cui si somma l’ulteriore previsione di definanziamento alla sanità da parte del Governo. La legge di bilancio 2023 e l’assenza di un piano programmatico strutturato fanno intravedere un orizzonte per l’ambito sanitario tutt’altro che roseo e in netta contrapposizione rispetto a quanto abbiamo detto e ridetto in questi due anni e mezzo segnati dalla pandemia, quando ci si riempiva la bocca sulla necessità di valorizzare i nostri medici e di rilanciare il Paese conferendo maggiore centralità al sistema sanitario. Lo abbiamo visto anche quest’estate nei Pronto Soccorsi di tutta Italia, con medici e operatori costretti a turni di lavoro sfiancanti e spesso insostenibili a causa di una oggettiva insufficienza di personale a fronte di un reparto congestionato. Insomma, il Covid ormai non fa più paura e le quotidiane dichiarazioni di intenti, come direbbe Mina, sembrano essere ‘solo parole’. Battute a parte, tra interrogativi e incertezze, o si cambia sul serio o si cambia sul serio. Per questo penso sia urgente un tavolo di confronto con il Governo per ridiscutere le misure della prossima manovra finanziaria e per volgere lo sguardo su quegli spazi che richiedono interventi significativi e tempestivi, a partire da un investimento maggiore e più determinato sul ruolo della medicina territoriale e a domicilio, che, come ha dimostrato anche l’epidemia, deve essere la chiave di rilancio per una sanità meglio rispondente ai bisogni dei cittadini e capace di controbilanciare il sovraffollamento di quella ospedaliera. Le eccellenze che contraddistinguono il nostro Sistema Sanitario Nazionale, così come lo straordinario spirito di servizio messo in campo dall’organico durante la crisi pandemica, non possono essere abbandonati in questa fase storica, dove davvero abbiamo la possibilità, anche grazie ai fondi europei del PNRR, di ridisegnare il nostro modello sanitario e di incidere su molti aspetti che da tempo aspettano di essere modificati”.