Dichiarazione del sindaco di Rimini, Jamil Sadegholvaad, sul fenomeno delle cosiddette 'baby gang'

Il ringraziamento, a nome di tutta la comunità riminese, nei confronti del Questore, Rosanna Lavezzaro, e dei Carabinieri di Rimini.

Data di pubblicazione

"Desidero esprimere il ringraziamento, a nome di tutta la comunità riminese, nei confronti del Questore, Rosanna Lavezzaro, e dei Carabinieri di Rimini per l'attività di investigazione e di contrasto condotta durante l'intera estate 2022 e che ha portato in questi giorni all'emanazione di 22 fogli di via nei confronti di altrettanti neo maggiorenni, protagonisti nei mesi scorsi tra Rimini e Riccione di scorribande legate al fenomeno delle cosiddette 'baby gang'. Lo stesso ringraziamento va esteso a tutte le forze dell'ordine e al Prefetto, Giuseppe Forlenza.

Nonostante sia un dato già sottolineato dalle cronache nazionali di ogni città metropolitana o luogo di vacanza del Paese, scenario purtroppo ricorrente da oltre un anno a questa parte, mi colpisce ogni volta un aspetto del problema, confermato dai 22 provvedimenti del Questore di Rimini: i destinatari dei DASPO sono in larga maggioranza giovani italiani di seconda generazione, provenienti dall'Emilia e da alcune province della Lombardia.

Si tratta di elementi appunto già noti e sui quali si è già scatenata una dialettica politica anche molto vivace all'indomani degli episodi più clamorosi o cruenti. Ma al di là di tutto, è inutile nascondersi che dietro a questi episodi in cui il vandalismo gratuito si mischia a rapine, furti, bullismo verso coetanei ci sia una evidente questione legata all'integrazione. L'aspetto sociale del disagio è certamente connesso a problematiche di precarietà, emarginazione anche urbana, difficoltà economiche delle famiglie, alimentate ancora di più materialmente e psicologicamente dalle limitazioni fisiche della pandemia, ma questa non può essere una spiegazione né soprattutto una giustificazione per l'illegalità e una vera e propria microcriminalità. Su questo bisogna essere molto netti: non c'è giustificazione sociologica a questo fenomeno, che è europeo, mondiale. Si può, anzi si devono pretendere percorsi, legislativi (ius scholae), occupazionali, di protezione sociale (welfare) e di qualità urbana (fratture urbane, quartieri ghetto), più rapidi e inclusivi ma il tema della responsabilità individuale e famigliare e della stessa condivisione dei doveri che porta con sé la residenza in questo Stato e in questa Nazione non può essere messo in un cantone o in secondo piano. Per indole non mi piacciono le bandierine ideologiche. Ho una vita mia personale, come dimostra costantemente anche il nome 'strano' che porto con orgoglio, che sta tutta dentro un percorso di relazioni quotidiane tra persone, lingue, religioni, culture di diverse parti del mondo. Questi percorsi non diventano discese nel nome di uno slogan ma vanno costruiti faticosamente una pietra dopo l’altra. Ma queste pietre non devono metterle altri. Il primo sforzo è di coscienza individuale. Non si può sociologizzare ogni volta i problemi. Se si vive in Italia, tanto più in regioni ricche e dal welfare soddisfacente come la Lombardia o l'Emilia Romagna, si condividono valori e regole di civile coesistenza, di rispetto, di osservanza delle leggi che non possono essere derogate o giustificate nel nome di qualsiasi altra cosa. Ci sono luoghi, spazi, occasioni per risolvere le criticità, arrivando anche a forze di protesta pacifica e democratica che possono essere fatte proprie dalle forze politiche, civiche e sociali. Ma mettere a ferro e fuoco le città, picchiare, vandalizzare non ha alcuna giustificazione né a monte né a valle. Vale per gli italiani di prima, seconda, terza, quarta generazione. Senza se e ma e senza giustificazioni di nessun tipo". 

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Ultimo aggiornamento

30/09/2024, 00:10