Le anticipazioni dei dati Istat pubblicate dalla stampa non lasciano spazio a dubbi. Secondo l’Istituto di statistica nel 2020 le persone in povertà assoluta sono aumentate di un milione, arrivando a 5,6 milioni, il 9,4% della popolazione.
Stiamo parlando di circa 2 milioni di famiglie in condizione di indigenza assoluta, un livello record rispetto agli ultimi quindici anni. Una condizione estrema che cresce soprattutto al Nord Italia e tra le famiglie che tecnicamente si definiscono “con persona di riferimento occupata”. Fin qui i dati, spietati. Dietro questi numeri c’è il racconto di una fetta di Paese colpita. oltre che dall’emergenza sanitaria, da un’emergenza sociale che ad un anno dall’esplosione della pandemia rischia di avere ripercussioni drammatiche.
Anche a Rimini il Covid sta lasciando un segno. Lo ha fatto con la prima ondata, quando il nostro territorio è stato tra i più colpiti; lo sta facendo ora, con un’economia e un mercato del lavoro in stallo che stanno facendo esplodere situazioni che finora avevano retto il contraccolpo. A subire maggiormente il peso del protrarsi della pandemia sono le famiglie monoreddito, molte delle quali con figli minori, oltre a tante persone sole che hanno una scarsa rete famigliare su cui fare affidamento. I servizi sociali del Comune, tanto all’inizio della pandemia quanto ora, agiscono attraverso una serie di iniziative per intercettare quelle situazioni che rischiano di sfociare nella povertà, per far sì che una difficoltà temporanea non diventi strutturale. Il primo aspetto riguarda la casa: affitto e bollette sono le spese imprescindibili da coprire e anche le più pesanti ed è anche uno dei motivi principali per cui i cittadini si rivolgono ai nostri sportelli. Il welfare comunale interviene con contributi per l’affitto, con il fondo per l’emergenza abitativa e per la morosità incolpevole, ma preoccupa la situazione degli sfratti, oggi congelati dal legislatore fino al 30 giugno, ma che dopo quel termine rischia di mettere ancora più in difficoltà decine di famiglie. Ci sono poi sostegni come la solidarietà alimentare (ad oggi consegniamo un centinaio di pacchi alimentari a settimana), gli sgravi sulle rette dei servizi, tutte azioni che consentono di dare un aiuto in una fase segnata dall’incertezza, dall’attesa mista alla rassegnazione.
Sono interventi indispensabili, ma da soli non bastano. La pandemia infatti ha messo a nudo le debolezze originali della nostra società: un evento capace di generare crisi a livello globale colpisce in maniera più profonda le aree e gli stati che non sono riusciti, nel tempo, a rafforzare le politiche economiche e di welfare per garantire uguaglianza. L’atteggiamento dogmatico verso un certo tipo di modello economico - crescita infinita, austerità nelle politiche di bilancio, patto di stabilità europeo e un mercato del lavoro disintegrato nel sistema delle garanzie e dei diritti - ha fatto sì che le disuguaglianze crescessero sempre più. Ormai è un dato lampante, è un problema che dobbiamo porci pena la gestione sempre più difficile delle politiche di welfare e di solidarietà”.