Questi i temi principali su cui, intervenendo questa mattina per l’Amministrazione comunale al forum soci di Coop alleanza 3.0, ho voluto aprire una riflessione comune.
Temi che avevo già in mente da qualche giorno, ma che si sono rinforzati con ancora più determinatezza già dalla prima mattina, alla lettura della stampa nazionale, con le notizie riguardanti l’indagine di Foggia per caporalato, e il coinvolgimento della moglie di un alto funzionario del dipartimento immigrazione degli Interni.
Penso infatti che da Rimini possa partire un segnale opposto, perché il nostro territorio ha tutto ciò che serve per poter diventare un modello di innovazione sociale, e combattere la piaga del massimo ribasso, garantendo sicurezza, ma anche la giusta retribuzione di chi lavora, attraverso programmi di lungo respiro con la partecipazione di tutti, pubblico, privato e associazioni di categoria.
Questo a partire dalla grande distribuzione delle cooperative locali, che hanno garantito anche durante il lockdown i servizi fondamentali alla collettività, con una attenzione particolare per i consumatori più colpiti dalla pandemia sanitaria e il contenimento dei prezzi dei prodotti base.
L’attenzione alle famiglie e ai prezzi sarebbe solo parziale, però, se non fosse accompagnata anche alla cura e al lavoro dei produttori locali, alla dignità dei lavoratori e a uno sguardo alla sostenibilità delle filiere ambientali, contribuendo a rendere meno distante chi produce da chi consuma. Anche per questo trovo che la cooperazione, anche a Rimini, abbia dato prova di saper resistere meglio alla crisi, e il suo ruolo anche all'interno del nostro territorio è fondamentale.
L’incontro di oggi e le testimonianze che ho ascoltato mi rinforzano nella convinzione che la delega al lavoro debba diventare sempre più importante nel coordinare le azioni dell’Amministrazione comunale. A questo stiamo lavorando intensamente e, a breve, presenteremo una serie di proposte. L’obbiettivo è avviare un percorso condiviso alle diverse espressioni del territorio, attraverso cui proporre un nuovo modello culturale ai temi dei diritti e dell’occupazione, in grado di ridare dignità al lavoro, a partire proprio da chi, pur lavorando, fa fatica ad arrivare alla fine del mese e rimane escluso dalle opportunità di crescita formativa, culturale e da una occupazione di qualità.