Un nuovo piano per l’edilizia residenziale: una necessità per il futuro
Gentile Direttore,
è di ieri la presentazione dell'Osservatorio congiunturale sull'Industria delle Costruzioni, presentato da ANCE. Dati in discesa nel 2024 con vista sul 2025, dopo la bolla espansiva dei due anni precedenti, dovuta al 110 Bonus e agli interventi legati al PNRR. Edilizia in contrazione del 5,3 per cento in Italia, particolarmente accentuata sul fronte delle nuove abitazioni e della riqualificazione abitativa. Logica e conseguente la preoccupazione di ANCE e degli operatori che avanzano al governo una proposta: è ora di uscire dai ragionamenti confinati nel nostro settore e iniziare a pensare a un piano casa di edilizia residenziale che faccia i conti con una domanda del 99 per cento della popolazione. Questa domanda è quantificata da ANCE in 10 milioni di famiglie ed è, secondo quanto dichiara la stessa associazione, il cavallo di battaglia individuato al numero 1 per la ripresa del settore.
Ora, senza entrare nelle polemiche sterili dello scarico delle responsabilità, credo più utile lavorare per trovare una convergenza fattiva su un tema che davvero potremmo oggi definire 'bene comune'. Dieci milioni di famiglie in Italia 'cercano' casa, ci sono settori dell'economia (che occupano centinaia di migliaia di persone) che attendono misure per il rilancio, ci sono le città e gli enti locali che hanno possibilità e strumenti limitati per dare risposte strutturali al problema, c'è un Governo centrale che non può fare finta che il tema sia secondario. E' vero che oggi servirebbe come il pane che l'Esecutivo centrale quantomeno ripristinasse il fondo nazionale destinato al sostegno degli affitti (ridotto del 500 per cento tra 2022 e 2024) ma in prospettiva occorre qualcosa di più nuovo e d'impatto. Secondo me non si scappa dalla proposta di ANCE e cioè mettere in atto un nuovo e robusto piano di edilizia popolare, sul modello - come ha ricordato anche il sindaco Sadegholvaad pochi giorni fa nell'incontro con il vescovo, S.E. Nicolò Anselmi - di quello che negli anni 50 fu messo a terra e chiamato 'piano Fanfani'. Questa deve essere considerata una priorità, di qui ai prossimi 10 anni, anche per gli effetti sociali e i progetti di vita relativi che la disponibilità o l'indisponibilità della casa ha sulla comunità e sui territori italiani. Non sarebbe giusto né corretto scaricare tutto su un Governo, a prescindere da chi ne sia alla guida. Sarebbe invece opportuno, a mio modo di vedere, una sorta di nuovo Patto che si traduca in un coinvolgimento e una sinergia tra esecutivo, enti locali, costruttori per realizzare nuova edilizia popolare, in un contesto di 'nuovi quartieri' caratterizzati da servizi adeguati e inserimento sostenibile nel contesto urbano. Il Governo potrebbe creare un fondo economico straordinario per lo scopo, i Comuni potrebbero mettere a disposizione gratuitamente o a prezzo simbolico aree urbane di loro proprietà e i costruttori, accedendo al fondo nazionale e ai vantaggi del costo dell'area, realizzare gli alloggi dentro una collaborazione trasparente tra tutti gli aderenti.
Chiaramente questa è una idea che può valere come un'altra e comunque come tutte deve confrontarsi con la disponibilità finanziaria e i percorsi amministrativi. Ma resta inteso, a prescindere dalle soluzioni, il problema di fondo: la casa. E servono 'anche' nuove case popolari.
Kristian Gianfreda
Assessore