Dopo il Tar anche il Consiglio di Stato ha respinto l’appello cautelare.
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello cautelare avanzato dalla società Asd Rimini Baseball con cui si chiedeva la sospensiva del provvedimento del Comune di Rimini per la riconsegna all’Ente dello stadio del baseball. La pronuncia dal Consiglio di Stato conferma dunque la precedente ordinanza del Tar dell’Emilia Romagna, che già a dicembre si era espresso a favore dell’Amministrazione comunale, respingendo in l’istanza cautelare avanzata dal privato. A seguito di questa ultima ordinanza del Consiglio di Stato il Comune di Rimini potrà quindi procedere all’esecuzione del provvedimento, rientrando nella disponibilità dell’impianto.
La riconsegna dell’impianto sportivo di via Monaco era stata disposta nel rispetto della scadenza naturale della convenzione in atto con la società, a cui era seguito anche l’atto di revoca della Scia commerciale relativa all’esercizio di ristorazione annesso all’impianto.
Nelle motivazioni espresse nell’ordinanza del Consiglio di Stato si legge come non sussista “un pregiudizio grave ed irreparabile, considerando che la convenzione per la gestione dell’impianto è scaduta alla data del 30 ottobre 2022. Non possono sotto tale profilo rilevare i rapporti con società, atleti o gestori di pubblici esercizi, essendo la data di scadenza nota in anticipo a tutti i soggetti coinvolti”.
Il Collegio poi sottoscrive il giudizio espresso dal Tribunale amministrativo regionale, evidenziando come non ci sia “probabilità di fondatezza del ricorso in primo grado, considerato che, nei limiti della cognizione propria della fase cautelare, appaiono condivisibile le argomentazioni contenute nella impugnata ordinanza del Tar”, che nella sua sentenza decretava la legittimità dell’azione del Comune di Rimini nei confronti della società, sottolineando tra i vari aspetti come l’Amministrazione detenesse il diritto di occupazione dell’area pur essendo scaduta la concessione (ma avendo già presentato domanda di rinnovo al Demanio), mentre il privato alla scadenza della concessione detenesse il bene “sine titulo”, senza cioè averne titolarità. Per tali ragioni l'appello cautelare - conclude il dispositivo - deve dunque essere respinto.