La salute non è un costo ma un investimento.
“C’è un enorme paradosso di cui è vittima la sanità: nonostante sia un elemento imprescindibile per la tenuta della comunità, gli investimenti della politica (nonostante sia un tema centrale anche per ottenere consenso durante le competizioni elettorali) rimane un ambito in cui si investe poco, troppo poco, al limite della sopravvivenza. Come ha ben spiegato il direttore generale dell’Ausl Romagna, Tiziano Carradori, le ultime proposte avanzate dal Governo sono le ennesime toppe, insufficienti per dare una risposta soddisfacente alle problematiche e all’accumulo di lavoro del personale che opera nella sanità pubblica. Non è solo una questione di stipendi, per quanto comunque importante. Il tema più profondo è la carenza di personale che costringe l'organico a turni massacranti, sfinenti: una situazione che si riversa inevitabilmente sulla qualità e sulla velocità delle prestazioni erogate. Se le risorse messe a bilancio continuano a essere così inadeguate, il pauperismo da parte del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) non farà che aumentare le iniquità sociali di fronte alla possibilità di accesso alle cure (a scapito delle classi meno abbienti e più svantaggiate) e allargare lo spettro dei disservizi e disavanzi.
Dietro a tutto questo c’è un problema, lo ripeto, politico. Quanto la politica vuole o non vuole (effettivamente) puntare sulla sanità, in quale posto delle priorità vuole o non vuole collocarla. Si tratta dei punti di PIL che il nostro Paese vorrà dargli e che traiettoria si immagina per il domani. Da che parte vogliamo andare? Al momento, chiuso il capitolo più emergenziale della pandemia, in cui sono stati sostenuti investimenti di carattere eccezionale, adesso, la strada intrapresa, lascia ben poco sperare in chissà quale futuro ottimale per il sistema sanitario nazionale. Servono risorse, punto uno. Ma serve anche coraggio e serve una visione concreta: la salute non è un costo ma un investimento. Se aumentano i costi devono aumentare gli investimenti. E in parallelo vanno cambiate le politiche: oggi siamo nello scenario a prevalenza utenti cronici. Se non cambiamo modello attuale, basato sugli acuti, a quello basato sulla prevenzione e promozione della salute, non ne usciamo.”.